Lu sule, lu mare e lu ientu

Lu sule, lu mare e lu ientu

“Lu sule, lu mare e lu ientu” è sicuramente uno degli slogan più riusciti tra quelli coniati per attrarre turisti nel “Salento d'amare”.

In effetti, proprio il sole ed il mare insieme al barocco leccese ed ai ritmi forsennati della taranta, hanno per anni costituito gli assi portanti delle politiche di marketing territoriale, così importanti nel determinare il successo della nostra provincia sotto il profilo turistico.

E' evidente, però, che sole e mare non siano elementi esclusivi del territorio Salentino e che la nostra offerta turistica sia quanto meno analoga a quella proposta, a condizioni economiche spesso più vantaggiose, da altri paesi mediterranei.

Appurato, in definitiva, che il Salento è da qualche anno diventato una delle mete turistiche più ambite, richieste e rinomate d'Italia, è bene domandarsi se “sole, mare e vento” siano, da soli, in grado di garantire l'appeal turistico anche nei prossimi anni o se non sia giunto il momento di battere nuove strade, di cercare percorsi e itinerari nuovi, non solo per evitare future emorragie di turisti ma anche per aumentare il numero di visitatori, magari al di fuori dei tradizionali periodi “caldi” di luglio e agosto.

A ben guardare questi percorsi esistono da secoli e sono da sempre sotto i nostri occhi, evidentemente disattenti o troppo presi da altro.

Lontano dalle rotte del turismo balneare, a pochi chilometri dal frastuono e dalle luci dei locali più in voga e dalle scintillanti vetrine dei corsi cittadini si nasconde un altro Salento, silenzioso custode delle innumerevoli testimonianze lasciate da una storia ultra millenaria, colpevolmente dimenticata dai suoi stessi abitanti che pure sono espressione diretta del loro passato.

Lungo i muretti a secco bruciati dal sole e le stradine di campagna costeggiate da finocchi selvatici e fichi d'india è facile imbattersi in monumenti megalitici di rara bellezza, eretti migliaia e migliaia di anni fa per rendere omaggio al dio sole o per celebrare il culto dell'acqua, in stupende colombaie o in chiesette di campagna un tempo consacrate al rito ortodosso, in cripte basiliane con i loro coloratissimi affreschi o in antichissime strade messapiche o vecchie pagghiare, in bianche masserie oppure in maestose torri costiere che si stagliano, con il loro inconfondibile profilo, sul mare quasi a voler proteggere ancora oggi il loro territorio dall'arrivo delle navi ornate dal simbolo della mezzaluna.

Un patrimonio inestimabile, un tesoro costruito nel corso dei secoli dalle generazioni passate e che le generazioni attuali hanno il diritto ma anche il dovere di valorizzare e preservare per coloro che verranno e per tutti coloro che avranno ancora voglia di ascoltare e, magari, rivivere la magia di alcune storie.

Storie di una civiltà che già nel periodo neolitico contava abili disegnatori e raffinati intagliatori di stupende Veneri, storie di valorosi guerrieri domatori di cavalli, venuti da lontano e diventati nel Salento anche fini artigiani e superbi ceramisti ed orafi.

La storia di un poeta salentino che con i suoi Annales fu il padre della lingua latina, svolgendo lo stesso ruolo che toccò secoli dopo a Dante per quella italiana.

La storia di tanti monaci bizantini che nel Salento portarono usi, costumi ed un enorme patrimonio di conoscenza, spesso diffuso e trasmesso alla popolazione locale, e quella di un piccolo monastero, quello di San Nicola di Casole, la cui biblioteca era la più grande e fornita di testi del Mondo dell’epoca.

Le generazioni attuali sembrano aver reciso ogni legame, sembrano aver tagliato qualsiasi ponte con il loro millenario passato, nei secoli contraddistinto da un sottile filo conduttore, quello dell'eccellenza.

Questo ponte che ha legato centinaia di generazioni deve essere riportato al suo posto, perché non può esserci un futuro per un popolo che non conosce e che non si riconosce nel proprio passato.

Il passato e le sue tante testimonianze sono elementi “forti” che contraddistinguono profondamente il Salento, distinguendo in modo marcato la sua gente.

Solo questo può essere il nostro futuro turistico.

Un'offerta turistica basata sulla diversità e sulla memoria storica, caratterizzata dall'unicità del territorio, dalle sue tradizioni, dalla sua cultura, intrisa di una storia che è anche la storia delle tante genti mediterranee che questo estremo lembo di terra nel corso dei millenni hanno sempre percorso, spesso amato ma sempre rispettato profondamente.

Un'offerta unica nella sua diversità ed assolutamente non omologabile.

Non omologabile, come la gente Salentina.

A meno che, ovviamente, non si voglia continuare a puntare su “sule, mare e ientu”...

 

F. L. Rizzo

F. L. Rizzo

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